La poesia del giorno....

qweedy

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Anno nuovo

Tra risa, grida e coppe di spumante
L'anno nuovo ha schiacciato
L'antico. Sparsi restano
Lungo le strade i cocci della festa.
E l'ombra è scesa d'un altro grado sul tuo quadrante.

Margherita Guidacci
 

qweedy

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Sereno

Dopo tanta
nebbia
a una
a una
si svelano
le stelle

Respiro
il fresco
che mi lascia
il colore del cielo

Mi riconosco
immagine
passeggera

Presa in un giro
Immortale.

Giuseppe Ungaretti
 

qweedy

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C'è nel mattino - sarà
per quella luce - una sottile ebbrezza
sarà per la bellezza
degli inizi - quella promessa
che sempre si nasconde
quando s'avvia un nuovo
qualche cosa.
Sarà il bello
di cominciare
con tutta l'energia rappresa
ancora intatta in gocce
tutta sospesa sopra il fare nostro.

Mariangela Gualtieri
 

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Non insistere

Non insistere, il fiore non sboccia
prima del giusto tempo.
Neanche se lo implori,
neanche se provi ad aprire i suoi petali,
neanche se lo inondi di sole.
La tua impazienza ti spinge a cercare la primavera;
quando avresti solo bisogno
di abbracciare il tuo inverno.

Ada Luz Màrquez
 

qweedy

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Cucivi così bene,
e saldamente,
come col fil di ferro.
I miei punti invece
tu andata, non tengono niente
sbaglio spolette, imbastiture
gli aghi cadono
i nodi si snodano
i bottoni appena attaccati si staccano
gli orli ondeggiano,
come scuoteresti la testa.
Tu andata mi si è scucito
il guardaroba, il mondo.

Viviane Lamarque
 

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Scorcio di secolo

Doveva essere migliore degli altri il nostro XX secolo.
Non farà più in tempo a dimostrarlo,
ha gli anni contati,
il passo malfermo,
il fiato corto.

Sono ormai successe troppe cose
che non dovevano succedere,
e quel che doveva arrivare
non è arrivato.

Ci si doveva avviare verso la primavera
e la felicità, fra l'altro.

La paura doveva abbandonare i monti e le valli,
la verità doveva raggiungere la meta
prima della menzogna.

Certe sciagure
non dovevano più accadere,
ad esempio la guerra
e la fame, e così via.

Doveva essere rispettata
l'inermità degli inermi,
la fiducia e via dicendo.

Chi voleva gioire del mondo
si trova di fronte a un compito
irrealizzabile.

La stupidità non è ridicola.
La saggezza non è allegra.

La speranza
non è più quella giovane ragazza
et caetera, purtroppo.

Dio doveva finalmente credere nell'uomo
buono e forte,
ma il buono e il forte
restano due esseri distinti.

Come vivere? - mi ha scritto qualcuno
a cui io intendevo fare la stessa domanda.

Da capo e allo stesso modo di sempre,
come si è visto sopra,
non ci sono domande più pressanti
delle domande ingenue.

WISLAWA SZYMBORSKA
 

qweedy

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NEVE

C’è odore di neve,
un odore che non occorre descrivere,
niente grandi parole di meraviglia.
Onde, le ultime, tremolano sul mare,
sottili come matite, finché il ghiaccio
non le fissa e stampa in metri regolari.

Le nostre condizioni sono buone,
leggiamo il giornale, guardiamo la televisione,
osserviamo Amleto e i suoi dubbi,
amiamo Mörike e gli Impromptus di Schubert,
anche la povertà non ci lascia insensibili,
né la vicina né la lontana.

Il nostro vicino sapeva tutto del sanscrito,
adesso si è tolto la vita
perché sua moglie l’ha lasciato. Poco fa
lo vedevamo ancora in giardino occupato coi merli,
curvo come un interrogativo, gli uccelli
a saltellargli intorno come tanti puntini.

Si vive più a lungo di quel che si credeva.
Distinguiamo i concetti giusti
dagli sbagliati. Amiamo la neve
quando i sentieri sembrano i bordi
degli annunci mortuari. Tronfia
la morte scansa la vita

e già è dileguata nel bianco.

Michael Krüger, da “Spostare l’ora”, “Lo Specchio” Mondadori, 2015
(Traduzione di Anna Maria Carpi)
 

qweedy

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Ella in cielo

Pregava Dio,
pregava con fervore
perché facesse di lei
una felice ragazza bianca.
E se ormai è tardi per simili cambiamenti,
allora, Signore Iddio, guarda quanto peso
e toglimene almeno la metà.
Ma Dio benevolo disse No.
Posò soltanto la mano sul suo cuore,
le guardò in gola, le carezzò il capo.
E quando tutto sarà compiuto – aggiunse –
mi allieterai venendo a me,
mia nera gioia, tronco colmo di canto.

Wislawa Szymborska
Poesia a Ella Fitzgerald.
 

qweedy

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Febbraio

Ogni anno, mentre scopro che Febbraio
è sensitivo e, per pudore, torbido,
Con minuto fiorire, gialla irrompe
La mimosa. S’inquadra alla finestra
Di quella mia dimora d’una volta,
Di questa dove passo gli anni vecchi.
Mentre arrivo vicino al gran silenzio,
Segno sarà che niuna cosa muore
Se ne ritorna sempre l’apparenza?
O saprò finalmente che la morte
Regno non ha che sopra l’apparenza?

Giuseppe Ungaretti
 

qweedy

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Sembra una poesia:

Quando sarai piccola ti aiuterò a capire chi sei,
Ti starò vicino come non ho fatto mai.
Rallenteremo il passo se camminerò veloce,
Parlerò al posto tuo se ti si ferma la voce.
Giocheremo a ricordare quanti figli hai,
Che sei nata il 20 marzo del ’46.
Se ti chiederai il perché di quell’anello al dito
Ti dirò di mio padre ovvero tuo marito.
Ti insegnerò a stare in piedi da sola, a ritrovare la strada di casa.
Ti ripeterò il mio nome mille volte perché tanto te lo scorderai.
Eeee… è ancora un altro giorno insieme a te,
Per restituirti tutto quell’amore che mi hai dato
E sorridere del tempo che non sembra mai passato.
Quando sarai piccola mi insegnerai davvero chi sono,
A capire che tuo figlio è diventato un uomo.
Quando ti prenderò in braccio
E sembrerai leggera come una bambina sopra un’altalena.
Preparerò da mangiare per cena, io che so fare il caffè a malapena.
Ti ripeterò il tuo nome mille volte fino a quando lo ricorderai.
Eeee… è ancora un altro giorno insieme a te,
Per restituirti tutto, tutto il bene che mi hai dato.
E sconfiggere anche il tempo che per noi non è passato.
Ci sono cose che non puoi cancellare,
Ci sono abbracci che non devi sprecare.
Ci sono sguardi pieni di silenzio
Che non sai descrivere con le parole.
C’è quella rabbia di vederti cambiare
E la fatica di doverlo accettare.
Ci sono pagine di vita, pezzi di memoria
Che non so dimenticare.
Eeee… è ancora un altro giorno insieme a te,
Per restituirti tutta questa vita che mi hai dato
E sorridere del tempo e di come ci ha cambiato.
Quando sarai piccola ti stringerò talmente forte
Che non avrai paura nemmeno della morte
Tu mi darai la tua mano, io un bacio sulla fronte
Adesso è tardi, fai la brava
Buonanotte

Simone Cristicchi
 

Shoshin

Shikata ga nai
Il sussurro della parola “vita”

Dietro la pineta, la neve.
La neve, uno stormo di corvi.
Strada vuol dire esilio.
Vento, canto, viaggiatore, un po’ di sonno.
Un ramo d’edera, un arrivo, un cortile.

Io, la nostalgia e il vetro bagnato.
Scrivo in questo spazio.
Due muri e qualche passero.

Qualcuno è triste.
Qualcuno fa la maglia.
Qualcuno conta.
Qualcuno canticchia.

La vita, uno stormo che vola via.
Perché quest’angoscia?
Non mancano le speranze: c’è il sole,
il bambino del dopodomani,
la colomba dell’altra settimana.

Ieri notte morì qualcuno
ma ancora è buono il pane di grano.
E ancora gocciola l’acqua, e i cavalli bevono.

Scorrono le gocce
la neve è sulle spalle del silenzio
il tempo sulla spina dorsale del gelsomino.

La traduzione dei testi dal persiano è stata svolta da Francesco Occhetto sull’edizione degli “Otto libri” (S. SEPEHRI, Hasht Ketāb, Tahuri, Tehran, 1992)
هشت کتاب
 

Shoshin

Shikata ga nai
Sembra una poesia:

Quando sarai piccola ti aiuterò a capire chi sei,
Ti starò vicino come non ho fatto mai.
Rallenteremo il passo se camminerò veloce,
Parlerò al posto tuo se ti si ferma la voce.
Giocheremo a ricordare quanti figli hai,
Che sei nata il 20 marzo del ’46.
Se ti chiederai il perché di quell’anello al dito
Ti dirò di mio padre ovvero tuo marito.
Ti insegnerò a stare in piedi da sola, a ritrovare la strada di casa.
Ti ripeterò il mio nome mille volte perché tanto te lo scorderai.
Eeee… è ancora un altro giorno insieme a te,
Per restituirti tutto quell’amore che mi hai dato
E sorridere del tempo che non sembra mai passato.
Quando sarai piccola mi insegnerai davvero chi sono,
A capire che tuo figlio è diventato un uomo.
Quando ti prenderò in braccio
E sembrerai leggera come una bambina sopra un’altalena.
Preparerò da mangiare per cena, io che so fare il caffè a malapena.
Ti ripeterò il tuo nome mille volte fino a quando lo ricorderai.
Eeee… è ancora un altro giorno insieme a te,
Per restituirti tutto, tutto il bene che mi hai dato.
E sconfiggere anche il tempo che per noi non è passato.
Ci sono cose che non puoi cancellare,
Ci sono abbracci che non devi sprecare.
Ci sono sguardi pieni di silenzio
Che non sai descrivere con le parole.
C’è quella rabbia di vederti cambiare
E la fatica di doverlo accettare.
Ci sono pagine di vita, pezzi di memoria
Che non so dimenticare.
Eeee… è ancora un altro giorno insieme a te,
Per restituirti tutta questa vita che mi hai dato
E sorridere del tempo e di come ci ha cambiato.
Quando sarai piccola ti stringerò talmente forte
Che non avrai paura nemmeno della morte
Tu mi darai la tua mano, io un bacio sulla fronte
Adesso è tardi, fai la brava
Buonanotte

Simone Cristicchi
💕Una poesia magnifica.
Triste e magnifica.
 

Shoshin

Shikata ga nai

Questo giovane traduttore è riuscito
a fare arrivare sino a noi la poesia persiana.
Il suo lavoro sui testi di Sorab Sepheri ,e non solo,
è colmo di sensibilità.
 

Pathurnia

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Avventure di Cesare Pavese (da Lavorare stanca)

Sulla nera collina c’è l’alba e sui tetti
s’assopiscono i gatti. Un ragazzo è piombato
giu dal tetto stanotte, spezzandosi il dorso.
Vibra un vento tra gli alberi freschi: le nubi
rosse, in alto, son tiepide e viaggiano lente.
Giu nel vicolo spunta un cagnaccio, che fiuta
il ragazzo sui ciottoli, ma un rauco gnaulío
sale su tra i comignoli: qualcuno è scontento.

Nella notte cantavano i grilli, e le stelle
si spegnevano al vento. Al chiarore dell’alba
si son spenti anche gli occhi dei gatti in amore
che il ragazzo spiava. La gatta, che piange,
è perché non ha gatto. Non c’è nulla che valga
— né le vette degli alberi né le nuvole rosse —:
piange al cielo scoperto, come fosse ancor notte.

Il ragazzo spiava gli amori dei gatti.
Il cagnaccio, che fiuta il suo corpo ringhiando,
è arrivato e non era ancor l’alba: fuggiva
il chiarore dell’altro versante. Nuotando
dentro il fiume che infradicia come nei prati
la rugiada, l’ha colto la luce. Le cagne
ululavano ancora.

Scorre il fiume tranquillo
e lo schiumano uccelli. Tra le nuvole rosse
piomban giú dalla gioia di trovarlo deserto.
 

Shoshin

Shikata ga nai
Il ruscello ha fabbricato fiori di ghiaccio
piume lame di gelo figure
che ospitano il chiarore lunatico del cielo
pagina bianca dell’inverno.
È acceso il ghiaccio è ardente
l’acqua sogna dentro la sua fermezza
che conserva luce. Ti penso
penso al coraggio di restare in vita
nonostante. Penso ai giorni scortecciati
nell’improvvisazione di un fiato alla volta.
Ti penso come il ghiaccio vigila luce.

Chandra Candiani da 'Pane del bosco.' Einaudi
 

Shoshin

Shikata ga nai

Questo giovane traduttore è riuscito
a fare arrivare sino a noi la poesia persiana.
Il suo lavoro sui testi di Sorab Sepheri ,e non solo,
è colmo di sensibilità.
In questa oscurità io
penso a un agnello luminoso
che viene a pascolare l’erba della mia stanchezza.


In questa oscurità io
guardo l’estensione bagnata delle mie braccia sotto quella pioggia
che inumidiva antiche preghiere dell’Uomo.


In questa oscurità io
aprivo le porte agli antichi prati, alle dorate immagini che vedemmo sui muri delle mitiche leggende.


In questa oscurità io vedevo le radici
e spiegavo, al giovane cespuglio della morte il senso dell’acqua.


Sohrab Sepehri
سهراب سپهری
A cura di Faezeh Mardani
Traduzione dal persiano di Francesco Occhetto
 

Shoshin

Shikata ga nai
Dal cielo, la nuvola. Dalla parola, i silenzi.
Dalle acque, il fiume. Dal mare, la schiuma.
Dalle strade, la pioggia.
Dall'amore, il gesto,
la nuvola, il silenzio,
la pioggia, il fiume.
Dall’amore, le parole e il mare,
il cielo, l'acqua. Dall’amore, lo spazio
aperto che cresce dentro
e si fa parola.

Anna Montero

(da Come se tornassi dal nulla, 1999)
 

qweedy

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Prati

Forse non è nemmeno vero
quel che a volte ti senti urlare in cuore:
che questa vita è,
dentro il tuo essere,
un nulla
e che ciò che chiamavi la luce
è un abbaglio,
l'abbaglio estremo
dei tuoi occhi malati -
e che ciò che fingevi la meta
è un sogno,
il sogno infame
della tua debolezza.

Forse la vita è davvero
quale la scopri nei giorni giovani:
un soffio eterno che cerca
di cielo in cielo
chissà che altezza.

Ma noi siamo come l'erba dei prati
che sente sopra sé passare il vento
e tutta canta nel vento
e sempre vive nel vento,
eppure non sa così crescere
da fermare quel volo supremo
né balzare su dalla terra
per annegarsi in lui.

Antonia Pozzi
Milano, 31 dicembre 1931
 

qweedy

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Trovata in internet:

Il cuore che resta

Era pieno,
senza crepe, senza ombre.
Un battito intero,
forte come il richiamo di un uccello notturno
che sfida il silenzio prima dell’alba.

Poi il primo amore.
L’incanto, il fuoco,
la certezza di non poter cadere.
Ma l’amore non avvisa,
non lascia il tempo di prepararsi.
Un colpo secco,
feroce come il vento d’inverno.
Non si incrina, non cede.
Esplode.

E nel silenzio, tace.

Mille schegge rosse
a insanguinare le mani,
a conficcarsi nella pelle,
nelle vene,
nei sogni.
Ne raccogli quante puoi,
le tieni strette,
le intrecci con fili di memoria e paura,
mentre il vento porta via i nodi sciolti.
Ma mancano pezzi.
Li ha l’altro,
e non tornerà.

Le stagioni scoloriscono,
le ferite si chiudono
con il tempo,
ma restano mappe
di un viaggio mai finito.
Un giorno ti accorgi
che il cuore batte ancora,
nonostante le cicatrici
siano diventate confini
di un nuovo paese.

E allora torni ad amare,
ma il cuore è cambiato.
Non si apre più del tutto,
non pulsa con la stessa incoscienza.
Si offre a pezzi,
con spazi vuoti che nessuno riempie.

Ogni amore lascia un graffio,
ogni addio incide più a fondo.
Ti aggrappi a ciò che resta,
ma senti il vuoto espandersi.
Sottili fenditure si allungano
tra un battito e l’altro,
schegge invisibili
che ti feriscono dentro,
che nessuno vede,
ma che ti scavano fino all’anima.

E allora rattoppi come puoi,
con mani incerte,
ma il filo è sottile,
cede sotto il peso delle crepe.

E ancora ami,
con passi più lenti,
con meno luce negli occhi.
Ogni volta lasci qualcosa per strada,
un battito, un pezzo, un nome.

Poi arriva l’ultima rottura.
Quella che non si rimargina,
quella che non lascia spazio,
ma non è la fine.
Solo un’altra forma
che il cuore impara a prendere.

Il cuore non era fatto
per restare intatto.
Era fatto per battere,
per perdersi negli altri,
per lasciare pezzi lungo il cammino.
E in quei frammenti dispersi,
forse,
hai piantato semi
che fioriranno in un altro giardino.

Forse il cuore non è mai stato nostro,
ma solo un prestito del mondo,
un’eco tra le mani,
un dono da lasciare
a chi verrà dopo di noi.

E se fossimo fatti per perderci,
perché ci ostiniamo
a cercare di restare interi?
Forse perché è nella frammentazione
che impariamo a brillare,
come stelle di una costellazione
che nessuno aveva mai visto prima.

Quess Renor (A.A)
 

Shoshin

Shikata ga nai
Con questa solitudine
infida
e tranquilla

con questa solitudine
di crepe consacrate
di ululati lontani
di mostri di silenzio
di forti ricordi
di luna congelata
di notte per gli altri
di occhi spalancati

con questa solitudine
inutile
e vuota

si può a volte
capire
l'amore.

da El amor, las mujeres y la vida. Poemas de amor
Mario Benedetti


 
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