Trovata in internet:
Il cuore che resta
Era pieno,
senza crepe, senza ombre.
Un battito intero,
forte come il richiamo di un uccello notturno
che sfida il silenzio prima dell’alba.
Poi il primo amore.
L’incanto, il fuoco,
la certezza di non poter cadere.
Ma l’amore non avvisa,
non lascia il tempo di prepararsi.
Un colpo secco,
feroce come il vento d’inverno.
Non si incrina, non cede.
Esplode.
E nel silenzio, tace.
Mille schegge rosse
a insanguinare le mani,
a conficcarsi nella pelle,
nelle vene,
nei sogni.
Ne raccogli quante puoi,
le tieni strette,
le intrecci con fili di memoria e paura,
mentre il vento porta via i nodi sciolti.
Ma mancano pezzi.
Li ha l’altro,
e non tornerà.
Le stagioni scoloriscono,
le ferite si chiudono
con il tempo,
ma restano mappe
di un viaggio mai finito.
Un giorno ti accorgi
che il cuore batte ancora,
nonostante le cicatrici
siano diventate confini
di un nuovo paese.
E allora torni ad amare,
ma il cuore è cambiato.
Non si apre più del tutto,
non pulsa con la stessa incoscienza.
Si offre a pezzi,
con spazi vuoti che nessuno riempie.
Ogni amore lascia un graffio,
ogni addio incide più a fondo.
Ti aggrappi a ciò che resta,
ma senti il vuoto espandersi.
Sottili fenditure si allungano
tra un battito e l’altro,
schegge invisibili
che ti feriscono dentro,
che nessuno vede,
ma che ti scavano fino all’anima.
E allora rattoppi come puoi,
con mani incerte,
ma il filo è sottile,
cede sotto il peso delle crepe.
E ancora ami,
con passi più lenti,
con meno luce negli occhi.
Ogni volta lasci qualcosa per strada,
un battito, un pezzo, un nome.
Poi arriva l’ultima rottura.
Quella che non si rimargina,
quella che non lascia spazio,
ma non è la fine.
Solo un’altra forma
che il cuore impara a prendere.
Il cuore non era fatto
per restare intatto.
Era fatto per battere,
per perdersi negli altri,
per lasciare pezzi lungo il cammino.
E in quei frammenti dispersi,
forse,
hai piantato semi
che fioriranno in un altro giardino.
Forse il cuore non è mai stato nostro,
ma solo un prestito del mondo,
un’eco tra le mani,
un dono da lasciare
a chi verrà dopo di noi.
E se fossimo fatti per perderci,
perché ci ostiniamo
a cercare di restare interi?
Forse perché è nella frammentazione
che impariamo a brillare,
come stelle di una costellazione
che nessuno aveva mai visto prima.
Quess Renor (A.A)