E’ la cronaca, direi minuto per minuto, del percorso verso il tunnel buio senza via d’uscita della droga, di una ragazza dai 12 ai 16 anni. A dodici anni inizia con le droghe leggere, a 13 anni già con l’eroina, a 14 si prostituisce per potersi pagare le dosi di eroina. Sono 4 anni che sembrano 40 anni. Non mi pronuncio sul valore letterario (non è questo il fine del libro) ma è una testimonianza assoluta sul disagio giovanile che, in quegli anni 70, ha spezzato migliaia di giovani vite. Certo tutto inizia con una situazione di famiglia precaria, con un padre dittatore e manesco, una madre succube, nei casermoni della Berlino di quegli anni che non prevedono spazi per i giochi dei bambini, con i genitori che pensano soprattutto a procurarsi, con il lavoro e i sacrifici, i beni materiali indispensabili anche per elevarsi socialmente, ma che, anche per carenze culturali, hanno ben poca attenzione per la problematica esistenziale dei figli, convinti che sia sufficiente, come genitori, assicurargli quanto loro necessario per vivere decorosamente.
, Questo libro è una grande testimonianza ed ha un altissimo valore assoluto. Mi ha fatto molto riflettere e ritornare indietro indietro negli anni.
Abito, da sempre, in un piccolo comune (9.000 abitanti circa escludendo le frazioni) dove le famiglie si conoscono un po’ tutte. Negli anni, fine 70 e 80 una intera generazione, successiva alla mia, tra le morti per abuso di droga e le stragi del sabato sera, è stata pesantemente falcidiata e la comunità ancora oggi ne sopporta le conseguenze. Non è facile trovare le cause. Certo la mancanza di colloquio tra genitori e figli ha avuto il suo peso, ma credo in definitiva che la naturale curiosità giovanile e forse i miti di quegli anni hanno avuto un peso determinante. La maggior parte di queste vite spezzate apparteneva a figli di operai. La ricchezza che traspariva da ogni manifesto pubblicitario, bellissime macchine, vacanze e vita da sogno, successo, miti irraggiungibili per la maggior parte della gente comune hanno portato alla caduta di ogni valore ed è stato facile per questi ragazzini rifugiarsi nello “stordimento”. Poi le mode, alimentate non certo dai giovani, ma da gente dedita agli affari (abbigliamento “griffato” con costi esorbitanti di cui non si poteva fare a meno per non sembrare superati) e senza scrupoli. Perché i giovani andavano in discoteca a mezzanotte? E’ passata per una “moda”, ma, a mio avviso non è così. Prima della discoteca avevano il tempo di passare per i bar e i ristoranti, così guadagnavano un po’ tutti, sulla pelle dei giovani. Da ultimo la assoluta assenza, in quegli anni, di strutture sociali adeguate che potessero affrontare efficacemente un problema così grande.
Quando penso poi a me stesso ancora prima, quattordicenne, in questi tempi di salute vacillante un po’ mi commuovo, è trascorsa una vita intera.
Vengo da una famiglia molto modesta ma molto unita, basti pensare che ho potuto frequentare l’Istituto tecnico esclusivamente perché mia sorella, maggiore di me , da qualche anno aveva cominciato a lavorare in fabbrica. Una famiglia che non ringrazierò mai abbastanza per avermi fatto trascorrere una infanzia e prima adolescenza veramente gratificanti, ma con la quale, a quei tempi, non ci poteva essere dialogo per problemi “esistenziali”, troppo l'impegno per far quadrare i magri bilanci. Torniamo al tema. A 14 anni ho cominciato a frequentare l’Istituto tecnico, un’ora e un quarto di viaggio all’andata e altrettanto al ritorno, in treno. Lasciavo la mia abitazione alle 6 del mattino e ritornavo verso le 15.30. Sul treno c’ero io ma anche gli studenti che frequentavano gli ultimi anni, e già dopo due mesi ho iniziato a fumare. Ho fumato, ininterrottamente, per 18 anni, solo gli ultimi 2 però in modo compulsivo. La nicotina non dà però dipendenza. Provavo veramente piacere nel fumo. Sigarette e, quando potevo, anche sigari di qualità. Non ho mai pensato veramente di smettere. Se voi guardate i film degli anni 50-60 quasi sempre i protagonisti fumano che è un piacere. La sigaretta era uno “status- simbol” di emancipazione e non c’erano campagne …..antifumo! (forse il contrario). Anche i superalcoolici erano un mito (Whisky d’annata, vodka ghiacciata, ed anche gli “amari” che dovevano favorire la digestione ed avevano invece l’effetto contrario) ed io non mi tiravo indietro, e qualche “imbarcata” fino quasi ai 20 anni l’ho presa. La mia fortuna, con l’alcool, è stata che dopo una “sballata” stavo male tre giorni e poi la domenica giocavo a calcio e non potevo permettermi di abusare dell’alcool proprio nella serata “delle trasgressioni”, e cioè il sabato sera. A bere non provavo però piacere, come a fumare, era solo un “atteggiamento” e quindi questa pericolosissima dipendenza, (non c’erano i controlli etilici – palloncino - della polizia stradale a quei tempi !) non ha potuto attecchire sulla mia persona. Sono convintissimo però che, data la mia grande curiosità, se a quei tempi ci fossero state le droghe leggere, certamente avrei provato. Non so se sarei arrivato a “bucarmi” perché non sono un “cuor di leone,” e ancora adesso ho il terrore solo alla vista di una siringa.
Poi il servizio militare, la ricerca del lavoro, la volontà comune con mia moglie di costruirci una famiglia e, in definitiva , la consapevolezza del mondo in cui vivevo, ha agito da vaccino preservandomi dal desiderio di simile esperienze. A quattordici anni però un ragazzo ( o una ragazza) è come un cristallo prezioso: splendente di luce propria ma molto delicato. E’ necessario qualche “no” e una grande comprensione dell’ambiente che lo circonda per fargli superare, indenne, questa età , molto affascinante per certi versi, ma certamente molto complicata..
Io, dai 14 ai vent’anni anni ho avuto molta fortuna, a qualcun altro non è andata così bene, e forse anche il mondo era meno complicato di adesso. Ho avuto tra l’altro, negli ultimi tre anni di scuola, anche un professore di lettere che mi ha interessato alle buone letture, che forse non c’entrano per niente con le dipendenze che ho descritto, ma che mi hanno fatto capire che i beni materiali più preziosi non possono essere lo scopo principale di una vita.