(Ho anticipato un po' i tempi perchè io dal 21 dicembre all'11 gennaio non credo che riuscirò a scrivere nulla...ma prima del 12 mi piacerebbe leggere qualcosa di vostro e postare mie considerazioni...)
In questa bellissima raccolta ci sono solo “piccoli” individui, con le loro insicurezze e le loro paure.
Emergono persone tanto comuni e tanto “insignificanti” da risultare grandiose; una sorta di “stoica semplicità” da contrappore alla vanagloria di quegli anni.
Una vanagloria tipica americana, direbbe qualcuno, classica dell’uomo, dico io.
Ci sono tutti i “tipi umani”, in questa raccolta, e il racconto è quello definitivo della grande commedia della nostra razza.
Gli Stati Uniti erano ormai ufficialmente una “super potenza” e nessuno si azzardava a pensare a quel paese come ad un insieme di individui normali.
Al contrario, l’immagine era quella di un gigantesco animale trainante; si andava veloci con le fabbriche e veloci con le auto. Qui, a Spoon River, invece, si va piano e si respira un intimismo tipico delle società patriarcali.
Sono epitaffi, cioè quell’insieme di parole che vengono scritte sulle tombe a ricordo di personaggi illustri.
Lee Masters rovescia tutto: qui non ci sono personaggi “importanti”, ma solo persone semplici, e gli epitaffi sono, per una volta, tutti per loro.
Sono morti quelli che parlano, perché il presente era troppo urlato e troppo…presente.
Qui ci sono le nostre radici, ancorate proprio nel momento in cui l’albero stava facendosi troppo grande, quasi gigantesco e fuori controllo.
Perchè con piccole radici l’albero crolla, è matematico.
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