A me il vino piace tanto.
Per spiegare i miei gusti però, faccio prima a dire cosa non mi piace:
A. Non mi piacciono i rossi aspri come il Pinot Noir (soprattutto servito freddo come fanno in Alsazia), il Cabernet (che non mi piace e in più ha impestato il mondo come l'erbaccia), il Teran e il Refosco; il vino rosso tannico mi piace, ma che ne sappia solo di aspro, no grazie.
B. Non amo il Chianti e per vari motivi: il rapporto prezzo/qualità non ha senso; se il Chianti si estende ancora un po', tra po' arriva in Mongolia e in Arabia Saudita; mi sembra un gran bel mescolone, e se non ci credete, leggetevi il disciplinare: accetta uve francesi (Cabernet, Merlot, Gamay, Pinot...), spagnole (Alicante, Tempranillo), piemontesi (Barbera), trentine (teroldego)... e il latte di cocco no?
C. Non mi piacciono i rossi leggeri sotto i 12° e se arriviamo a 11,5° proprio no.
D. Qualche dubbio, se mi permettete, ce l'ho verso il Porto: possibile che lì non ci sia una bottiglia di vino con meno di 25 anni? Ma sono stati tutti astemi tutto sto tempo ad aspettare me? No, lo dico perchè conoscendo la storia del vino delle Cinque Terre...
E. Non tollero tutto il marketing e mode che girano intorno al vino, che l'unica cosa che fa è renderlo più caro e quel che è peggio, tutto uguale: un giorno tutti i vini sono diventati barricati, persino a Barolo sono sparite le botti di castagno e sono passati alle barrique, che poi sono sparite a fare grappa! Un bel giorno i bianchi dovevano essere fruttati, tutti, per legge, e sei lì che mangi pesce fritto e devi bere vino che ne sa di pesca! Poi devono diventare fruttati anche i rossi, non importa che siano stati 5 anni in botte, devono saperne di frutti rossi, non di legno! Poi viene la mania di bere Prosecco, che tutto il Prosecco è il miglior Prosecco del Prosecco e non ne ho ancora trovato due diversi!
Ecco, escluso quanto sopra, a me piace passare da una bottiglia all'altra.
Mi piacciono i vini rossi grossi col retrogusto dolce del Portogallo, soprattutto il Douro e l'Alentejo; gli spagnoli, sia secchi come il Ribero del Duero, sia generosi come il Toro, il particolare (anche unico) come il Rioja e quelli da sbornia come gli aragonesi (Somontano, Campo de Borja e il Carinena) o quelli di Alicante a base di Monasterll e Murcia (Yecla); tra i francesi prediligo il Chateneuf du Pape (a base di uva Garnache che sarebbe il Carinena aragonese o il Cannonau sardo). Mi piacciono anche i greci (di cui non ricordo il nome) e ne ho bevuti di buoni anche in Turchia e Moldavi. Tra i rossi italiani amo il Nebiolo, impazzisco per la Barbera quando supera i 14,5°, mi piace il Sangiovese in purezza (non il mescolone del Chianti!), il Sagrantino e trovo bestiale ma buonissimo il Primitivo, ma non quello che trovi in negozio di 13°, no, quello casalingo dai 17° in su. Buoni anche i siciliani, solo che da qualche anno mi sembrano diventati tutti uguali. Grandiosi l'Amarone, il Ripasso, il Vino Nobile di Montepulciano e il Brunello.
Tra i bianchi apprezzo tanto il Vinho Verde del nord del Portogallo o della Galizia a base di Ribeiro e Albarinho, il moscato in tutte le sue versioni secche, soprattutto quelli bevuti ad Alicante e in Slovenia, i bianchi della Corsica, qualche Vermentino (anche se i prezzi vanno alle stelle), il Soave e di nuovo, i vini greci tra cui - anche se è un mescolone - la Retsina.
Tra i dolci prediligo il Montbazillac e il Sauternes, ma mi piacciono tanto anche quelli siciliani più leggeri.
Uno spazio a parte per lo Sherry, sia quello giovane e secco come una palata di sabbia, sia quello secco invecchiato ideale per un agnello e quello dolcissimo come il Pedro Ximenez che sembra una spremuta di carrubbe, datteri e fichi secchi.
Impagabili i mosti piemontesi come il Moscato, la Freisa, la Malvasia Nera di Castelnuovo Don Bosco, o il Cari.
Ma poi il bello del vino è abbinarlo ai cibi e alle stagioni: stappare un Barolo a Luglio non ha senso; ci vuole un Gutturnio!
Così come non puoi bere un Grignolino con l'arrosto di cinghiale.
E ancora, la cosa ancora più bella è dimenticarsi che il vino è nato molto prima delle etichette che gli hanno appiccicato sopra.
Adesso infatti sto bevendo un rosso che è una specie di Gutturnio (perchè è fatto con Bonarda e Barbera del Piacentino) ma qui in Liguria, ha solo 3 mesi di vita, fermo, dolcione che non ha finito di fermentare, ma già intorno ai 14°; e una specie di Gavi, perchè fatto col Cortese di quelle parti ma vinificato dalle mie parti, ancora pieno di lieviti, che ha preso un gusto di scorza di arancia e cedro canditi che sembra di bere un panettone.
Ecco, questo è il vino che per me non ha prezzo, perchè è unico, non solo perchè è solo di uno di qui, ma perchè l'anno prossimo gli verrà diverso, e poi diverso ancora.
Una cosa importante è come bere il vino.
Giusto.
I sommeliers vi diranno che va messo nel decanter di cristallo di Boemia, al buio, con una candela di sebo di bisonte muschiato a 45cm con una tolleranza di +/-3mm, suonargli l'arpa in legno di pinolo massello con le corde di trippa di neonato... versato senza respirare in flut dell'INAO, piangere commossi...eccheppalle!!!
Vi prego, fate due prove che vi dico io:
1. provate a bere dal pirone, termine talmente desueto che non lo trovate nemmeno su Google, perciò per capire cos'è, cercate adoperando lo spagnolo
porròn: fate scendere il getto di vino direttamente sugli incisivi inferiori: si ossigenererà da matti e lo gusterete come non mai.
2. provate il vino stagionato nelle pelli di capra, in Italia ormai introvabile, ma in Spagna no, dove si chiama
bota. La pelle, dentro, è impregnata di pece e prima di bere, va massaggiata conferendo al vino un gusto quasi di liquirizia.
Ecco, se uno si abitua che il vino è anche quello senza etichetta fatto dal vicino, dall'amico, che è anche una cosa sempre diversa, poi di quello in bottiglia si stufa perchè sempre uguale.