Lin89
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Io lo so che in questo forum ho condiviso poco di me e della mia vita, almeno direttamente, con le parole. A volte l'ho fatto con la musica, una poesia, un film, ma non è proprio la stessa cosa. Adoro i forum anche per questo, puoi partecipare senza metterti in gioco direttamente.
E devo ammettere che io questo thread l'ho evitato come la peste per giorni interi, di proposito. Perché provengo e sono dentro un periodo un po' particolare, è come se stessi rinascendo, sto mutando, forse sto solo crescendo e l'argomento genitori/figli è un argomento vivo in me, tumultuoso, capace di farmi cambiare umore in un battito di ciglia. Ma ora condivido, se non altro perchè ho letto le vostre esperienze e mi sento un po' in dovere di farvi leggere la mia, ristabilendo la parità tra me e voi.
La mia situazione da figlia è uguale a quella di Betty e di Hotwireless (che ringrazio perchè ha trovato le parole giuste che cercavo da tempo "crescere con la morte nel cuore", morte non solo in senso metaforico, ma non condivido oltre, non lo riterrei giusto). Il lato materiale e pratico, pragmatico non mi è mai mancato e mai mancherà, probabilmente perchè non l'hanno avuto loro da piccoli e giustamente non vogliono che i figli subiscano la stessa sorte. Non che ci abbiano concesso tutto, anzi (in famiglia siamo tre figli, due maschi e io); ci hanno educato al sacrificio, al non sprecare mai nulla, al valore del denaro e via dicendo. Il lato affettivo è stato ed è pressochè inesistente. Il semplice "come stai?" non è mai stato pronunciato, ma non per mancanza di interesse, ma perchè la loro educazione, sia quella che gli hanno imposto i miei nonni sia quella che loro hanno imposto a noi, semplicemente non lo prevede. E aggiungerei che c'è come una sorta di pudore, di prudenza su questo argomento. Aggiungo la completa mancanza di dialogo e il cocktail è pronto. L'affetto lo hanno sempre dimostrano diversamente, per esempio nel piatto pronto che ci fanno trovare ogni volta che torniamo a casa (io e mio fratello maggiore abitiamo fuori casa), nell'interesse se ho o meno abbastanza vestiti, coperte, se ho troppo freddo a Firenze, se vado dal medico anche solo per un raffreddore.
A modo loro mi vogliono bene ed è questo il problema, a modo loro...
E ringrazio nuovamente Hotwireless che ha trasposto nella realtà un dialogo con i miei genitori che ho creato nella mia mente, facendomi rendere conto che appunto andrebbe davvero così se ci parlassi.
A modo loro...
A modo mio, devo accettarlo e accettare loro. Punto. Senza più alcuna discussione. Ma mi è ancora molto difficile, me ne rendo conto scrivendolo.
E mi rendo conto che per loro magari è difficile accettare me. Non sono mica la figlia perfetta, ci mancherebbe, anzi non ho risposto neanche minimamente alle loro aspettative e speranze, ne sono sicura... ma il punto è che non vedo un reale tentativo di compromesso tra me e loro, un venirsi incontro non c'è e allora li percepisco un po' come "una palla al piede" (scusate la metafora, è brutta, ma non trovo altro modo per esprimermi), un peso da trascinare quando in realtà voglio spiccare il volo, camminare con le mie gambe, correre lontano e scoprire il mondo perchè quello che ho conosciuto finora non mi basta.
E allora l'unica soluzione è imparare a non sentirmi in colpa per loro e nei loro confronti...
Citando uno scrittore senese studiato all'università, Federigo Tozzi, che scriveva alla sua fidanzata: "Perchè fare i figlioli crocifissi?"
Ma anche questo non è di facile assimilazione e accettazione...
Per quanto riguarda l'essere genitori... diciamo per il momento solo che sono contenta di leggere delle esperienze positive in tal senso... magari un'altra volta scriverò come la penso.
E devo ammettere che io questo thread l'ho evitato come la peste per giorni interi, di proposito. Perché provengo e sono dentro un periodo un po' particolare, è come se stessi rinascendo, sto mutando, forse sto solo crescendo e l'argomento genitori/figli è un argomento vivo in me, tumultuoso, capace di farmi cambiare umore in un battito di ciglia. Ma ora condivido, se non altro perchè ho letto le vostre esperienze e mi sento un po' in dovere di farvi leggere la mia, ristabilendo la parità tra me e voi.
La mia situazione da figlia è uguale a quella di Betty e di Hotwireless (che ringrazio perchè ha trovato le parole giuste che cercavo da tempo "crescere con la morte nel cuore", morte non solo in senso metaforico, ma non condivido oltre, non lo riterrei giusto). Il lato materiale e pratico, pragmatico non mi è mai mancato e mai mancherà, probabilmente perchè non l'hanno avuto loro da piccoli e giustamente non vogliono che i figli subiscano la stessa sorte. Non che ci abbiano concesso tutto, anzi (in famiglia siamo tre figli, due maschi e io); ci hanno educato al sacrificio, al non sprecare mai nulla, al valore del denaro e via dicendo. Il lato affettivo è stato ed è pressochè inesistente. Il semplice "come stai?" non è mai stato pronunciato, ma non per mancanza di interesse, ma perchè la loro educazione, sia quella che gli hanno imposto i miei nonni sia quella che loro hanno imposto a noi, semplicemente non lo prevede. E aggiungerei che c'è come una sorta di pudore, di prudenza su questo argomento. Aggiungo la completa mancanza di dialogo e il cocktail è pronto. L'affetto lo hanno sempre dimostrano diversamente, per esempio nel piatto pronto che ci fanno trovare ogni volta che torniamo a casa (io e mio fratello maggiore abitiamo fuori casa), nell'interesse se ho o meno abbastanza vestiti, coperte, se ho troppo freddo a Firenze, se vado dal medico anche solo per un raffreddore.
A modo loro mi vogliono bene ed è questo il problema, a modo loro...
E ringrazio nuovamente Hotwireless che ha trasposto nella realtà un dialogo con i miei genitori che ho creato nella mia mente, facendomi rendere conto che appunto andrebbe davvero così se ci parlassi.
A modo loro...
A modo mio, devo accettarlo e accettare loro. Punto. Senza più alcuna discussione. Ma mi è ancora molto difficile, me ne rendo conto scrivendolo.
E mi rendo conto che per loro magari è difficile accettare me. Non sono mica la figlia perfetta, ci mancherebbe, anzi non ho risposto neanche minimamente alle loro aspettative e speranze, ne sono sicura... ma il punto è che non vedo un reale tentativo di compromesso tra me e loro, un venirsi incontro non c'è e allora li percepisco un po' come "una palla al piede" (scusate la metafora, è brutta, ma non trovo altro modo per esprimermi), un peso da trascinare quando in realtà voglio spiccare il volo, camminare con le mie gambe, correre lontano e scoprire il mondo perchè quello che ho conosciuto finora non mi basta.
E allora l'unica soluzione è imparare a non sentirmi in colpa per loro e nei loro confronti...
Citando uno scrittore senese studiato all'università, Federigo Tozzi, che scriveva alla sua fidanzata: "Perchè fare i figlioli crocifissi?"
Ma anche questo non è di facile assimilazione e accettazione...
Per quanto riguarda l'essere genitori... diciamo per il momento solo che sono contenta di leggere delle esperienze positive in tal senso... magari un'altra volta scriverò come la penso.
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