Il baby-sitter della badante
Sono nato e cresciuto in un paesone dell’hinterland di una grande città.
Anticamente fu un villaggio senza nemmeno una storia, poi un giorno, grazie all’immigrazione interna, diventò di colpo una cittadina.
Gli immigrati provenivano tutti dallo stesso luogo perciò capitava che due che erano vicini di casa lì, lo fossero anche nel paesino di nascita.
Abitavo di fianco alle case popolari e all’epoca si giocava in strada, perciò tutti i miei amici abitavano lì; loro venivano a casa mia e io andavo alla loro.
Ricordo la casa di un mio amico: saletta con angolo cottura, tre stanzine e un bagno per padre, madre e nove figli.
In cucina avevano un cassettone dedicato esclusivamente al pane e una cassa di gallette, così i bambini, anche se erano soli in casa, potevano mangiare in qualsiasi momento.
Di questo mio amico persi le tracce quando aveva 14 anni: era stato ricoverato in punto di morte per eccesso di canne… o almeno è quello che raccontarono a mia mamma che – tenera! – ci credette.
Adesso abito in campagna.
Ci sono dei paesi lungo la provinciale, ma noi abitiamo un po’ fuori, quasi nel bosco.
Quando vogliamo, noi ci caliamo nella civiltà.
Per esempio per portare i bambini in palestra.
Quando li vado a prendere io, mi aspettano già preparati, così salgono in macchina al volo e torno al lavoro senza nemmeno perdere un minuto.
Mia moglie invece ci si ferma a chiacchierare e fa più vita sociale di me.
Questa settimana ero via, in trasferta.
Giovedì mi chiama mia moglie e mi racconta che una delle mamme della palestra le ha chiesto un favore, e cioè se sabato notte le teniamo il figlio di 8 anni (come il nostro) perché lei deve andare a lavorare in città.
- Sai è disoccupata – mi spiega – ha trovato da fare da badante a una signora anziana in città, ma se nessuno le tiene il figlio come fa? E’ separata. Il suo ex abita a Padova. I suoi sono di Bari. Mi ha detto che nessuno glielo può tenere…cosa dovevo fare? Ti dispiace? –
- Ma no, figurati – rispondo io – buttiamo un materasso per terra e si divertiranno a fare campeggio –
Lei conosce solo di vista mia moglie e mio figlio; me nemmeno quello.
Vado sotto casa sua con la macchina, scendono, ci presentiamo molto di fretta perché nevischia, le dico di stare tranquilla, di non preoccuparsi, che tra gente che lavora… poi verso casa mi domando come si sentirà ad affidare suo figlio a uno che nemmeno conosce.
Che poi io sono uno grosso, dai tratti nemmeno gentili, c’ho la barba di qualche giorno e insomma, non sembro nemmeno un’educanda.
Poverina.
Intanto Loris – lo chiamerò così – parlando con mio figlio, ci organizza una bella serata di play station e videogiochi dell’orrore… al che mi tocca interromperlo e spiegargli che in casa nostra non c’è.
- Non importa, giochiamo al tablet –
- Mi dispiace, non abbiamo nemmeno quello. –
Allora dice qualcosa della TV e mi tocca deluderlo di nuovo.
Resta muto per qualche secondo al che attacca con non so che storia che lui su playstore mi scarica una app e da lì mezzo miliardo di giochi…
- Loris, Loris. Stai tranquillo. Andiamo a casa dove abbiamo un sacco di cose da fare, altro che videogiochi. –
Infatti, invece di videogiocare, gioca con mio figlio fino a quando mia moglie li chiama perché devono fare la pizza, e poi l’infornano, e mentre vedono un cartone sul PC, cuoce e si cena: pizza, arrosto e poi ancora pizza, gelato e poi film d’avventura.
Fa fatica a seguirlo, è una trama banalissima, ma dura più di 20 minuti, non è infarcito di pubblicità e perciò nella lungaggine si perde; viene da sorridere perché non era mica un film di spionaggio!:wink:
Arriva l’ora e li spediamo a dormire.
Lui è agitato perché dice che fa sempre brutti sogni.
Lo rincuoriamo ma gli diciamo di spegnere la luce e di dormire, ma lui ansioso interrompe e chiede permesso: vuole sapere se possono parlare prima di addormentarsi.
- Ma sì, certo, dice mia moglie! –
Andiamo a letto anche noi osservando che è molto agitato, un po’ timido, educato e dolce con nostra figlia e i gatti. Parla di continuo, decisamente troppo e racconta cose che faremmo a meno di sapere, ad esempio che dorme spesso fuori casa anche se non sa nemmeno da chi, e se proprio si ricorda, da amiche del papà, che fanno i pigiama-party… che poi capiamo che non sono proprio pigiama party, è che è la scusa che hanno trovato per spedirlo a dormire una volta qui e una là. Ci ha raccontato anche che è già zio, perché la compagna del padre ha un’altra figlia di 15 anni che è già mamma. Mio figlio sente ma non capisce nemmeno il discorso.
Pensiamo però che l’importante è che i due bambini si divertano insieme, stiano bene e se ciò dà a lei la possibilità di farsi 50 0 100 euro, tutto grasso che cola.
Poi alle due di notte mia moglie va da loro e gli dice che sì, che va bene, che potevano parlare ma non tutta la notte!
Stamani ci svegliamo con tranquillità, anche perché la sera gli avevo detto che appena si sarebbero alzati li avrei messi a fare i compiti, perciò ci credono e ci lasciano almeno 15 minuti di calma, e meno male perché mia moglie si è svegliata con un mal di testa spaventoso. Loris invece, ci dice che niente sogni brutti.
Insomma, che anche se piove, me li prendo tutti e tre, saliamo in macchina, facciamo un paio di km e andiamo a vedere le stalle: ci sono i cavalli, i maiali, le caprette, i conigli, le galline, il fiume in piena, e intanto continuo a spedire whatsapp a sua mamma con filmati bucolici.
Ne approfitto per riflettere su quando ero bambino, i miei amici, le case popolari, l’arca piena di pane e gallette che si sbriciolavano; ricordo che quando uno di loro riceveva un regalo come un pallone o una divisa della Juve, era un evento, non solo per lui, ma per tutti, perché tutti godevano di quel regalo.
E poi che mentre a casa mia c’erano librerie ovunque, nelle loro, se andava bene, Novella 2000 (o simili) e rifletto che oggi invece è diverso: anche i più sfortunati hanno una sacco di cose superflue (tablet, play-station, cellulari da 800€, sacramenti vari…), che l’accesso all’informazione, ciò che veramente consente di non essere sconfitti dalla lotta di classe, c’è, è a disposizione di tutti, solo che non lo si sa usare, non si sa aprire la porta.
Ma insomma: tutti sti tablet, TV, netflix… e poi ‘sto bambino non sa cos’è un vulcano o dirmi il nome del suo paesino vicino a Bari?
Ed ecco che ho partorito la mia certezza quotidiana!
Tra un whatsapp e l’altro lei mi dice che ha perso la corriera e che perciò prenderà un treno che la porterà a Villaquelcheè e che da lì aspetterà un’altra corriera e che…tranquilla la interrompo io: verniamo noi a prenderti in stazione, tanto i bambini iniziano ad avere i piedi umidi perciò se li metto in macchina col riscaldamento faccio solo che bene.
Dopo 20 minuti siamo lì.
Sale in macchina.
Chiacchieriamo del più e del meno, mi dice che è stata una notte lunga, che ha dormito pochissimo.
La lascio sotto casa, scendo per far scendere anche i bambini, la saluto e torniamo a casa nostra.
Loris ovviamente entusiasta, che voleva restare con noi e tornare sabato prossimo.
- Tutto bene? – mi domanda mia moglie.
- Sì, sì – tutto bene rispondo io.
Ma insomma, c’è qualcosa nella mia espressione che non va e approfittando che restiamo soli un attimo mi dice di dirle cosa è successo.
Io non volevo dirglielo, sapevo che se la sarebbe presa ma ho dovuto.
- Che insomma, che io credo che una badante si veste in un altro modo. –
- Va be’ ma se una va a badare a una vecchia, cosa gliene frega alla vecchia di come si veste? –
- Appunto. –
- E allora cosa c’è? –
- C’è che proprio perché una va a badare una vecchia, con sto freddo, non capisco perché dovrebbe girare con delle scarpe coi tacchi alti un palmo, nere e dorate, i leggins (o fusò, non me ne intendo) sguarati sulle cosce e sotto i pizzi; e poi altri pizzi e pizzetti qui e là, e profumo, e… -
- Dici che è andata a divertirsi e c’ha mollato il bambino! – esclama lei.
- Ma…io direi che è andata a lavorare ma non proprio a tenere una vecchia. –
Insomma che io ci sono rimasto così così; mia moglie su tutte le furie.
- Mai più! Mai più!! La prossima volta le dico di portarselo appresso !!! – e poi - poteva almeno cambiarsi, poteva! Non farsi trovare conciata così! -
- Non ha potuto: mi ha scritto dal treno e mi ha trovato in stazione... -
Ho lasciato perdere l’argomento.
Tra un po’ ne riparleremo con più calma.
Io le dirò che quando ci chiederà di riprenderglielo, magari possiamo dirle di sì lo stesso: in fondo siamo stati bene tutti, in primis nostro figlio e per il resto, insomma, che ci frega? E poi cosa dovremmo fare: lasciarlo andare ai pigiama party?
Certo che finché uno vede i cavalli, le caprette, i conigli, galline e i maiali è facile costruirsi delle certezze quotidiane, essere ottimi sociologi e fare il solone di turno a proposito di come eravamo, come siamo, la lotta di classe; poi ti imbatti nelle persone, nelle meschinità quotidiane, in quelle piccole disgrazie che avvinghiano chi ci si ritrova, soprattutto i bambini, e ti viene uno schifo, ma uno schifo che io riesco ad esprimere solo ricorrendo alle peggiori bestemmie, perché su, mica si può parlarne adoperando la grammatica, la sintassi e l’ortografia!
Una differenza tra come eravamo e come siamo però la vedo, adesso, netta nei miei occhi di quasi cinquantenne: in quella casa popolare dove prendevano il pane e le gallette da un’arca, alla sera rincasava una madre che puzzava di lisoformio e un padre con la tuta sporca, rincasavano due persone con enormi difficoltà, soprattutto ad educare i bambini, ma almeno, per quel che potevano, davano l’esempio, l’esempio di quelli che ce la mettevano tutta. Quello di Padova e ‘sta stordita qui invece, no, e non dico altro.