Parlavo di una generale tendenza e non di singoli
Forse stiamo parlando di due cose diverse. Io non sto parlando dell’Eco romanziere nel complesso, ma solo de
Il nome della rosa. Non so se oggi la critica ritenga l’Eco romanziere meno bravo di quanto non facesse qualche anno fa. Può darsi di sì, e se devo dire il vero, dopo aver provato a leggere
Il pendolo di Foucault, la cosa non mi stupirebbe.
Ti chiedo: in questi ultimi anni, sono uscite nuove critiche negative a
Il nome della rosa? A me interessa capire se sta cambiando l’opinione su questo libro soltanto.
La cattiva qualità di alcune antologie scolastiche è rilevabile, a mio parere da una lettura 'sistematica' delle stesse.
Comunque il tuo discorso è reversibile. Neppure tu infatti puoi inferire la qualità del Nome della Rosa dal fatto che si presenti in antologie.
Non intendevo far condanne in direttissima di blocchi categorici. Parlavo della generalità o maggioranza delle stesse. Io son ccciovane ed ho lasciato da pochi anni gli studi liceali...
Conosce tutti i critici che si occupano di tutte le antologie italiane?
Puoi provarne la qualità argomentativa?
Sei così sicuro che la simpatia della critica dimostri molto?
Non credi che, a volte, potrebbero esservi anche ragioni campanilistiche o nazionalistiche o affettive o pubblicitarie o di diritti d'autore o di pochezza-scarsezza di prosatori italiani ?
Non credi che una antologia sia un prodotto editoriale (e, come tale, chiamato e sottoposto a meccanismi di vendita e di consumo)?
Non credi che, in una moderna società capitalistica, credere di poter dedurre il valore o la qualità di un prodotto spirituale dalle quote editoriali e (forse peggio) dalla presenza in antologie ed in critica antologica, sia quantomeno un attimino ingenuo o affrettato o insufficiente o ironico ?
Occhio, io non stavo parlando della
qualità de
Il nome della rosa e delle antologie. Ho solo detto che il fatto che questo libro appaia in molte antologie significa che in generale è abbastanza ben visto dalla critica.
Poi,
per me, è un bellissimo romanzo, ma non lo dico perché l’hanno detto molti critici.
Sei proprio sicuro che a comporre le antologie, oggigiorno, siano solo critici (o autorevoli critici) letterari?
Autorevoli no, ma critici sì. E’ comunque gente che per professione si occupa di letteratura, e quindi sono critici. Magari parecchi sono pessimi, ma questo è un altro discorso
. Parlo delle antologie scolastiche, eh!
Sei sicuro che alcune antologie di qualità e di pugno di critici effettivi diano così tanto spazio e credito, soprattutto, al Nome? Mai sfogliato un Luperini ?
No, Luperini non lo conosco purtroppo.
Non dico che tutte gli danno grande spazio e considerazione; anzi, per quello che ho visto io, nessuna lo ritiene un romanziere di valore pari, che so, a un Calvino. Neanche a un Manganelli direi. Però qualche pregio glielo riconoscono.
La più nota antologia scolastica che ho a casa è senz’altro
Guida al Novecento di Salvatore Guglielmino, la quale, se non altro, ne parla, non lo demolisce, e ne contiene anche un estratto. Poi dice:
<<
Del romanzo sono state date valutazioni disparate. E un critico come P. Citati può scrivere che esso “dimostra come la cultura, l’intelligenza, il desiderio di sedurre, la sapienza combinatoria, l’astuzia del tempo, unite all’assoluta assenza di ogni talento letterario, possono produrre libri che assomigliano pericolosamente alla vera letteratura”. >>
Hai mai letto Borges?
Non credi che Eco sia un ottimo saggista ma non più di un sufficiente romanziere?
Saggista non so. Mi limito al romanziere.
Con Borges per me non c’è confronto, Borges è un grande artista.
Se penso al
Pendolo, altro che “sufficiente”, mi verrebbe voglia di impallinarlo
Se penso al
Nome invece gli darei ben più che la sufficienza, per tante cose: la dettagliata ed affascinante ricostruzione storica, l’ironia, la trama coinvolgente, la chiarezza, la simpatia che ha saputo infondere ai protagonisti, e sopra a tutto il fatto che argomenti come il valore del riso e la povertà di Gesù e della Chiesa sono interessantissimi.
Insomma secondo me Citati ha ragione a dire che qui Eco dimostra cultura ed intelligenza. Ma non sono d’accordo sull’ “assoluta assenza di ogni talento letterario”.
Qualcosina di artistico secondo me c’è, e precisamente è l’essere riuscito a dare omogeneità, scorrevolezza, interesse ad un racconto su argomenti tutt’altro che facili e popolari. Eco non sa trovare la “parola nuova” o la frase indimenticabile (questo lo fa un Borges), ma sa cucire bene i pezzi che ha. E’ un po’ come un sarto cui arrivano delle meravigliose stoffe dalle quali riesce a ricavare un bel vestito, che, se non altro, ha disegnato lui.
Nel “confronto” finale tra Jorge e Guglielmo, tutto è accomodato così bene che ho letto il loro discorso su argomenti a me solitamente lontanissimi con un autentico piacere. Quando Jorge sta descrivendo l’Anticristo con accenti terribili e Guglielmo commenta, in un soffio, che “sembra il suo ritratto”, è impossibile non ridere secondo me, e non ammettere che questa è una magnifica battuta (anche chi sa far ridere con intelligenza ha qualcosa dell’artista secondo me). Il misticismo di Ubertino da Casale mi sembra reso con grande efficacia. Eccetera.
Insomma, se non la materia del
Nome, molti tratti della cucitura sono originali ed efficaci, per cui qui Eco è stato un pochino anche artista secondo me.
In una recensione al (mediocre) film che J. J. Annaud ne ha ricavato, ho letto:
<<
Ci sia consentito dire dove sta la differenza tra il libro e il film. Mentre Annaud ha dato al pubblico ciò che esso si attende, Eco ha saputo creare un pubblico deciso ad attendersi ciò che il libro gli offre. >>
Se Eco è riuscito a far questo, è appunto perché ha saputo essere efficace.