"Mia nonna, già sveglia prima di tutti, mi dava una grande tazza di caffè con pezzi di pane e mi chiedeva se avessi dormito bene. Se le raccontavo qualche brutto sogno nato dalle storie del nonno, lei mi rassicurava sempre: Non fare caso, nei sogni non c'è fermezza. Pensavo allora che lei, sebbene fosse anche una donna molto saggia, non riusciva a raggiungere le altezze di mio nonno, che sdraiato sotto il fico, con il nipote José accanto, era capace di far muovere l'universo con solo due parole. Molti anni dopo, quando lui se n'era già andato da questo mondo e io ero un uomo fatto, sono venuto a capire che anche la nonna credeva nei sogni. Un'altra cosa non può significare che una notte seduta davanti alla porta della sua povera casa, dove allora viveva sola, guardando le stelle più grandi e più piccole, avrebbe detto queste parole: Il mondo è così bello e io provo tanta pena di morire. Non ha detto paura di morire, ha detto pena di morire, come se la vita di lavoro pesante e continuo che era stata la sua, in quel momento quasi finale, stesse ricevendo la grazia di un addio supremo e ultimo, il conforto della bellezza rivelata, proprio lì a casa sua, così speciale al mondo, perché in essa vivevano persone capaci di dormire con i maiali come se fossero i loro stessi figli, persone che avevano pena di andarsene dalla vita solo perché il mondo era bello, persone come mio nonno Jeronimo, pastore e narratore di storie, che sentendo che la la morte veniva a cercarlo, ha detto addio agli alberi del suo orto uno per uno, abbracciandoli e piangendo perché sapeva che non li avrebbe più rivisti”.
José Saramago