CARO AMICO TI SCRIVO....
Da circa tredici anni scrivo a un condannato a morte in Texas. Posso testimoniare che ciò che ho ricevuto da lui in questi lunghi anni è molto più di ciò che posso avergli dato. La corrispondenza è diventata amicizia, è diventata uno scambio, lui è diventato una persona di famiglia e ora che il suo iter processuale si avvicina alla inevitabile conclusione, penso all’inutilità di una pena che vuole insegnare a non uccidere uccidendo, che nega la possibilità del cambiamento delle persone. Non so come fosse lui prima, ma so per certo che ora potrebbe dare ancora molto agli altri.
Non sta a me giudicare il reato compiuto, per questo ci sono giudici e tribunali, e chi ha sbagliato è giusto che paghi, ma non con la vita.
Ricevere una lettera è il segno che qualcuno ha a cuore la tua vita, significa che a qualcuno interessi, che qualcuno ti riconosce la dignità di essere umano. È inimmaginabile il valore di una parola per chi vive lontano dal mondo ed è ormai costretto ad essere solo e sempre un numero, senza alcun diritto e basta, perché chi vive nel braccio della morte non ha diritti.
Ricevere una lettera è un legame con il mondo esterno, il legame epistolare dà consolazione e forza. E' la speranza che qualcuno si ricordi di te, che legittimi la tua esistenza come uomo, per dare un senso alla tua vita “a tempo determinato”. Spesso può significare la possibilità di allacciare un'amicizia duratura e sincera, altrimenti impossibile.
La lettera ha un valore enorme sempre, ma per chi sta in carcere in isolamento vuol dire collegarsi con il mondo che sta fuori, significa far entrare un po' di vita nella cella di due metri per tre. Le lettere infatti, sono il solo spazio libero nella vita di uomini e donne nei bracci della morte. Ricevere posta è un po' come allargare le sbarre. Avere qualcuno a cui scrivere scandisce il tempo, che è tutto uguale, apre uno spazio di affetto, aiuta a non perdere la fiducia e a sentirsi ancora riconosciuti come esseri umani.
Quando ci si sente considerati spazzatura, infatti, si stenta a credere che ci sia veramente qualcuno disposto a fare amicizia:
"La ringrazio enormemente per la sua lettera e per il suo buon cuore. C’è infatti l’abitudine a vederci solo come delinquenti e nessuno sa o vuole gettare uno sguardo anche sulla nostra anima".
“Ho ricevuto un grande pacchetto di lettere, tutte da una classe di studenti sedicenni in una scuola in Irlanda, l’insegnate aveva letto la mia storia su Internet e ha chiesto ai suoi studenti, come progetto di classe, di scrivermi una lettera”.
“Cari amici, avete rotto un isolamento quasi assoluto, mi date la possibilità di collegarmi con il mondo che sta fuori, di allargare le sbarre. Un giorno tornando dal tribunale, ho trovato in cella la vostra lettera e questo mi ha cambiato totalmente la giornata”.
"La strada mi insegnò come vivere. Droga e violenza erano cose normali da conoscere e vedere...ero un prodotto del mio ambiente...ma sono cresciuto. Sono un uomo migliore ora, ma la gente vede in me solo i miei guai e non la mia lotta".
"La sua lettera mi ha colto di sorpresa. Si era rafforzata in me l'opinione che con uno come me nessuno potesse voler corrispondere, per parlare di cose pulite, sincere, amichevoli..."
La pena di morte non uccide il peggiore dei peggiori, ma il più debole fra i deboli.
ll braccio della morte è quella parte di carcere destinata agli imperdonabili, i detenuti vi restano anche decine di anni in totale isolamento, fino a che non viene annunciata la data della loro morte. Morte profondamente attesa da alcuni, al punto di chiederla. I più disperati, tentano il suicidio. Celle di misura inversamente proporzionale alla colpa da espiare, trattamenti disumani, detenuti in isolamento e senza risorse, che lo Stato non ha l'interesse di rieducare, ma solamente di punire.
Vivere nel braccio della morte vuol dire smettere di essere un uomo e diventare un numero, subire un regolamento il cui obiettivo è umiliare, annientare l’identità di persone che la società non ritiene più degne di vivere; ogni bassezza, ogni crudeltà, ogni punizione nei confronti dei detenuti è dunque consentita. Le guardie spesso negano l'ora d'aria, o la doccia, pur previste dal regolamento, a loro discrezione.
Neri, ispanici, poveri, con alle spalle storie di violenza, di droga e di miseria, svezzati con armi, alcool e degrado nei ghetti che fin dall'infanzia non hanno risparmiato loro nessun orrore della vita: certe persone sembra nascano unicamente per popolare i bracci della morte.
Sono diverse migliaia i prigionieri condannati a morte che grazie alla Comunità di Sant'Egidio, Comitato Paul Rogeau, Nessuno tocchi Caino, corrispondono con altrettanti amici in tutto il mondo. Si tratta di detenuti che vivono nelle carceri non solo degli USA, ma anche di altri paesi, come Trinidad e Tobago, Camerun, Zambia e altro.
Fernando, prima di morire, ha scritto: “Non smettere mai di sognare… Arrendersi alla disperazione equivale a sdraiarsi e lasciarsi morire. Non importa chi sei o dove sei, troverai sempre qualcuno che ti porgerà una mano o che ti ascolterà con calma. Nella speranza rinascono spirito ed energia.
Se un condannato a morte può sorridere pur guardando la morte, a maggior ragione tutti voi nel mondo libero potete iniziare ogni giorno con un sorriso! Non smettere mai di sognare!”