La poesia del giorno....

qweedy

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L'estate

C'è un giardino chiaro, fra mura basse,
di erba secca e di luce, che cuoce adagio
la sua terra. È una luce che sa di mare.
Tu respiri quell'erba. Tocchi i capelli
e ne scuoti il ricordo.
Ho veduto cadere
molti frutti, dolci, su un'erba che so,
con un tonfo. Così trasalisci tu pure
al sussulto del sangue. Tu muovi il capo
come intorno accadesse un prodigio d'aria
e il prodigio sei tu. C'è un sapore uguale
nei tuoi occhi e nel caldo ricordo.
Ascolti.
La parole che ascolti ti toccano appena.
Hai nel viso calmo un pensiero chiaro
che ti finge alle spalle la luce del mare.
Hai nel viso un silenzio che preme il cuore
con un tonfo, e ne stilla una pena antica
come il succo dei frutti caduti allora

Cesare Pavese

(dedicata da Cesare Pavese alla traduttrice Fernanda Pivano, la donna da lui amata che tuttavia rifiutò, per ben due volte, di sposarlo).
 

qweedy

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COSÌ PICCOLE MANI

Il tuo più tenue sguardo
facilmente mi aprirà
benché abbia chiuso me stessa
come dita
sempre mi apri petalo per petalo
come la primavera fa
toccando accortamente
misteriosamente la sua
prima rosa
e io non so quello che c'è
in te che chiude e apre
solo qualcosa in me
comprende che è più
profonda la luce dei tuoi
occhi di tutte le rose.
Nessuno ... neanche
la pioggia ha ...
Così piccole mani.

Edward Estlin (E. E.) Cummings
 
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Shoshin

Shikata ga nai
Siamo stanchi di
diventare giovani
seri o contenti per
forza , o criminali ,
o nevrotici :
vogliamo ridere , essere
innocenti, aspettare
qualcosa dalla vita,
chiedere, ignorare.
Non vogliamo essere
subito già così,
senza sogni !!

Pier Paolo Pasolini
 

Shoshin

Shikata ga nai
Leggendo

Ho lasciato tutto
quello che avevo in mano.
Dietro di me, vaga lenta
la mia ombra
da nord a est.
La mia memoria termina
al bordo del libro.
A poco a poco evapora
accanto a me l'acqua
nel bicchiere.
Il tempo
passa senza rimpianti.
È una storia
perfetta: manca
un punto di fuga
dove andare
a trovare qualcosa.

Karl Krolow
 

qweedy

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NOMI CANCELLATI

𝘓𝘢 𝘮𝘦𝘯𝘵𝘦 𝘯𝘰𝘯 è 𝘶𝘯𝘢 𝘮𝘢𝘵𝘪𝘵𝘢 𝘱𝘦𝘳
𝘱𝘳𝘦𝘯𝘥𝘦𝘳𝘦 𝘢𝘱𝘱𝘶𝘯𝘵𝘪,
è 𝘶𝘯𝘢 𝘨𝘰𝘮𝘮𝘢 𝘱𝘦𝘳 𝘤𝘢𝘯𝘤𝘦𝘭𝘭𝘢𝘳𝘦.
Marko Vešović

Mio padre andò perdendo poco a poco il linguaggio.
E iniziò dai nomi. La prima cosa
che il suo cervello scordò non furono gli avverbi
né i pronomi o gli aggettivi,
come si sarebbe tentati di credere,
e nemmeno i granelli di polvere delle preposizioni,
ma i sostantivi.

La mela smise di essere mela,
il bicchiere diventò 𝘲𝘶𝘦𝘭𝘭𝘰
e chi gli si avvicinava smetteva di aver nome.

La morte cominciò il suo minuzioso lavoro
rubandogli i nomi,
cancellandoli, mettendo
al loro posto un 𝘲𝘶𝘦𝘴𝘵𝘰 o un 𝘲𝘶𝘦𝘭𝘭𝘢 𝘤𝘰𝘴𝘢,
un 𝘥𝘢𝘮𝘮𝘪, un balbettio, un gesto della mano.

Gli ultimi che si perdono sono i verbi,
i verbi che si muovono nel sangue
come fossero pesci
finché il mondo finisce,
finché il corpo non regge più l’anima.

Gli aggettivi sono affettuosi,
vestono delle loro passioni quel che guardano
e perciò sopravvivono.

I nomi invece svaniscono.
E la sostanza dei sostantivi
è nebbia, inezia, torri di fumo.

La mela smette di essere mela.
Io smetto di aver nome.
La parola 𝘥𝘰𝘭𝘰𝘳𝘦 non significa nulla.

JUAN VICENTE PIQUERAS
 

Shoshin

Shikata ga nai
Certo, addormentarsi.
Scacciare la luna
dalla finestra.
Mettere in contumacia
le zanzare.
Stabilire per i gatti
lo spazio notturno.
Zittire i malinconici
cani dei vicini.
Chiudere l'udito
a tutti i rumori
tranne a quello della pioggia.
Relegare tutti i pensieri
angosciosi nel posto
che gli spetta,
nel tempo passato
o futuro.
sistemare i sentimenti
nei reconditi
meandri del cuore,
in astucci
chiusi a chiave fino all'alba.
Reprimere i dolori.
Controllare i desideri
e superare le offese.
Non comporre poesie.
Afferrare il filo di una storia
e inventare una favola.
Fungere da mamma a se stessi.
Essere la propria amata.
Coprire di baci
il cuore insoddisfatto.
Coprire con una coperta
le membra infreddolite.
Entrare
nell'enclave monastica
del buio e del silenzio.
Andare lontano.
In capo al mondo.
Al confine dei sogni e dei non sogni.
E magari
ancora più lontano.

Kajetan Kovič
 

qweedy

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NON DIMENTICO MAI IL DOLORE

Ci sono cose su cui sono sicuro:
io credo solo a chi è sbigottito
dalla morte, a chi ne parla sempre,
a chi si lacera per i suoi lutti
e si accorge di quelli degli altri.
Non dimentico mai il dolore
di chi ha perso un figlio,
penso spesso ai vedovi,
vorrei che ci fosse in ogni città
e in ogni paese una stanza del lutto.
Una stanza per chi sente
la ferita della morte.
In questo mondo infame,
un mondo che caccia via da un bar
una donna che sta allattando
(è accaduto a Monza, davanti alla cattedrale),
forse solo il sentimento della morte
ci può salvare.
Può salvare
i ricchi dalla loro disperazione,
dalle loro feste cupe: perché chi sa fare
i soldi non sa fare la sua felicità
e quella degli altri.
Anche di questa cosa
dovremmo parlare nelle poesie,
dovremmo dire tutto e non confinarci
nel cesto di fragole tra l'endecasillabo
e l'ombelico.
Io li sento quelli che non sentono la morte, sono i grandi invalidi della vita,
sono i mutilati, gli omertosi dell'invisibile.
Ora questa gente è frivola e posticcia.
È arrivato un tempo
in cui servono i commossi, i mistici
che lottano, gli spaventati che chiedono conto a Dio della gioia del mondo
e vogliono sapere chi la sta sciupando,
chi la sta salvando.

Franco Arminio
 

qweedy

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E intanto fuori c’era l’autunno.
Non lo sapevo prima. C’era.
In ogni foglia, nell’aria, nella
luce. C’era. E io lo avevo lasciato solo
non lo avevo sorretto, non ammirato
non ero stata sbalordita dai gialli e
dai rossi che infiammava.
O dall’albero quando sta come nudo, con veste
di foglie garbata caduta ai suoi piedi.
Incredulo, l’albero – attonito
pudico. Non lo avevo guardato.
E adesso dalla finestra chiamava –
l’autunno – col suo mesto sorriso e
di nuovo io sorprendevo, adoravo.
Benvenuto a te che fai del morire
un’epopea di colori.

MARIANGELA GUALTIERI
("Quando non morivo")

autunno55.jpg
 

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
Se io... di Fernando Pessoa

Se io, ancor che nessuno,
Potessi avere sul volto
Quel lampo fugace
Che quegli alberi hanno,

Avrei quella gioia
Delle cose al di fuori,
Perché la gioia è dell'attimo;
Dispare col sole che gela.

Qualunque cosa m'avrebbe meglio
Giovato della vita che vivo -
Vivere questa vita di estraneo
Che da lui, dal sole, mi era venuta!
 

qweedy

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VIII.

Chiedersi perché
le farfalle non vanno mai diritte
ma seguono tracce spezzate
frastagliate
senza senso

rispondersi da soli:
se oggi mi scoprissi capace di volare
io mi riempirei di spazio e aria
se la vita durasse soltanto tre giorni
non butterei il mio tempo
per decidere una rotta

se proprio si deve morire così in fretta
che sia per troppa gioia
che sia per troppo vento

FRANCESCO TOMADA
(da "Figure, nomi" in "Affrontare la gioia da soli")
 

qweedy

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L’amore è diverso
da quello che credevo,
più vicino a un’ape operaia
a un tessitore
che a un acrobata ubriaco,
più simile a un mestiere
che a un sentire.
Io amavo
un po’ con la memoria astrale
e un po’ con giustizia poetica,
ma l’amore
è più vicino a una scienza
che a una poesia,
ha delle sue regole di risonanza
e altre di respingenza,
ha angoli di incidenza
per profili alari e luce,
ma non ha regole per il buio
e l’assenza di ali.
L’amore è molto simile
all’insonnia,
non devi soffrirla
solo ospitarla,
lasciare che ti squassi
faccia di te un sistema nervoso
senza isolamento,
una corda tesa
di strumento musicale ignoto.
Essere temi musicali
non è una vocazione
ma una disciplina di spoliazione,
è farsi ossi
limati
dalle 'onde'
goccia che si disfa
nel galoppante mare.

Chandra Livia Candiani
 

qweedy

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La nota più difficile è la gioia,
quella che da più tempo abbiamo scordato
la parola più difficile da pronunciare
la più incompresa.
Non provare a comandarla, la gioia
non è un dispositivo da attivare.
Chiedi la misura della gioia a un albero,
impara dai fiori, osserva la terra.
Torna indietro,
fino al preciso momento
in cui hai rotto il suo patto.
Cosa è successo?
Come sei precipitato?
Chi ti ha chiuso
nelle cantine buie
della malinconia?
Frana, da tutti i tuoi saperi
riapri le stanze.

GIANLUIGI GHERZI
("Alfabeti della gioia")
 

qweedy

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«Il fascino discreto degli amori non corrisposti
come un colpo di fulmine in assenza di metà fulmine
non potrà mai smettere d’amare chi non ama.
Oh meteorologia! Cielo sempre uguale
mai a confronto il prima e il dopo
sull’unilaterale amore splende sempre uguale
al neon il sole, non accadrà tramonto di un astro
mai sorto, mai lasciata mai essendo stata
avvistata.»

Vivian Lamarque, vincitrice del Premio Strega Poesia 2023
 

qweedy

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Il giorno ad Urlapicchio

Ci son dei giorni smègi e lombidiosi
col cielo dagro e un fònzero gongruto
ci son meriggi gnàlidi e budriosi
che plògidan sul mondo infrangelluto,
ma oggi è un giorno a zìmpani e zirlecchi
un giorno tutto gnacchi e timparlini,
le nuvole buzzìllano, i bernecchi
ludèrchiano coi fèrnagi tra i pini;
è un giorno per le vànvere, un festicchio
un giorno carmidioso e prodigiero,
è un giorno a cantilegi, ad urlapicchio
in cui m’hai detto “t’amo, per davvero”.

Fosco Maraini, Il giorno ad Urlapicchio
dalla raccolta di poesie Gnosi delle fanfole, 1978
 

Pathurnia

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Il giorno ad Urlapicchio

Ci son dei giorni smègi e lombidiosi
col cielo dagro e un fònzero gongruto
ci son meriggi gnàlidi e budriosi
che plògidan sul mondo infrangelluto,
ma oggi è un giorno a zìmpani e zirlecchi
un giorno tutto gnacchi e timparlini,
le nuvole buzzìllano, i bernecchi
ludèrchiano coi fèrnagi tra i pini;
è un giorno per le vànvere, un festicchio
un giorno carmidioso e prodigiero,
è un giorno a cantilegi, ad urlapicchio
in cui m’hai detto “t’amo, per davvero”.
Quel giorno a cantilegi ed urlapicchio
io lo ricordo, aveva un sorrisicchio
da lontra, da ruppicola faina
che s'introppaccola dentro una smurfina.
Lui disse t'amo, ed era una sburfiasca
una trama un po' lentula e un po' lasca
e perfino davanti al celebrante
aveva un che di prillo nel sembiante,
uno sfavillo metamorfico imbruglioso
che minacciava un tempo ravanoso.
E ravanò, col tempo, s'impuffì
per non so quale bendulo ortofrusco
la nebbia agli irti polli spruffinava
e l'oscuro gelando ci scremava.
:p
 
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qweedy

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Quel giorno a cantilegi ed urlapicchio
io lo ricordo, aveva un sorrisicchio
da lontra, da ruppicola faina
che s'introppaccola dentro una smurfina.
Lui disse t'amo, ed era una sburfiasca
una trama un po' lentula e un po' lasca
e perfino davanti al celebrante
aveva un che di prillo nel sembiante,
uno sfavillo metamorfico imbruglioso
che minacciava un tempo ravanoso.
E ravanò, col tempo, s'impuffì
per non so quale bendulo ortofrusco
la nebbia agli irti polli spruffinava
e l'oscuro gelando ci scremava.
:p
👍 Ho pensato a te quando ho trovato la poesia di Fosco Maraini! Siete in tanti a poetare a urlapicchio! :mrgreen:
 

Shoshin

Shikata ga nai
In questo giorno del 1892 nasceva a Mosca Marina Cvetaeva.
Fu una grande poetessa russa ma, più di tutto, fu un grande esempio di libertà: con la sua poesia e i suoi gesti andò contro qualsiasi conformismo, fino alla tragica fine degna di un’eroina greca...

La voglio ricordare qui.
tsvetaeva13.jpg


Voglio leggerezza, libertà, comprensione – non trattenere nessuno, e che nessuno mi trattenga. Tutta la mia vita è una storia d’amore con la mia anima, con la città in cui vivo, con l’albero al bordo della strada, con l’aria. E sono infinitamente felice.
 

qweedy

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Nostos

C’era un melo nel cortile –
saranno forse
quarant’anni fa – dietro,
solo prati. Ciuffi
di croco nell’erba umida.
Stavo a quella finestra:
fine aprile. Fiori di primavera
nel cortile del vicino.
Quante volte, davvero, l’albero
è fiorito nel giorno del mio compleanno,
il giorno esatto, non
prima, non dopo? L’immutabile al posto
di ciò che si muove, di ciò che evolve.
L’immagine al posto
della terra inarrestabile. Che cosa
so di questo luogo,
il ruolo dell’albero per decenni
preso da un bonsai, voci
che vengono dai campi da tennis –
Terreni. L’odore dell’erba alta, tagliata di fresco.
Quello che uno si aspetta da un poeta lirico.
Guardiamo il mondo una volta, da piccoli.
Il resto è memoria.

Louise Glück
 

gamine2612

Together for ever
Nostos

C’era un melo nel cortile –
saranno forse
quarant’anni fa – dietro,
solo prati. Ciuffi
di croco nell’erba umida.
Stavo a quella finestra:
fine aprile. Fiori di primavera
nel cortile del vicino.
Quante volte, davvero, l’albero
è fiorito nel giorno del mio compleanno,
il giorno esatto, non
prima, non dopo? L’immutabile al posto
di ciò che si muove, di ciò che evolve.
L’immagine al posto
della terra inarrestabile. Che cosa
so di questo luogo,
il ruolo dell’albero per decenni
preso da un bonsai, voci
che vengono dai campi da tennis –
Terreni. L’odore dell’erba alta, tagliata di fresco.
Quello che uno si aspetta da un poeta lirico.
Guardiamo il mondo una volta, da piccoli.
Il resto è memoria.

Louise Glück
Grandissima che ci ha lasciato...😞
 
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